Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La disciplina delle società di comodo e il rilievo della nozione di impossibilità in senso “elastico” (di Giovanna Petrillo, Professore Associato di Diritto Tributario, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”)


Con l’ordinanza n. 35816 depositata il 22 dicembre 2023, la Corte di Cassazione si sofferma sulla qualificazione dei fatti oggettivi idonei a superare la presunzione di non operatività. La pronuncia sollecita una riflessione più ampia sui confini della prova contraria in relazione alla disciplina delle società non operative nella prospettiva della riforma fiscale.

The discipline of shell companies and the importance of “flexible” notion of impossibility

With ordinance no. 35816/2023, the Supreme Court focuses on the qualification of objective facts capable of overcoming the presumption of non-operation. The ruling calls for a broader reflection on the boundaries of contrary proof in relation to the regulation of shell companies in the perspective of tax reform.

1. I fatti della controversia e la decisione della Suprema Corte La pronuncia in commento è di particolare interesse in quanto rappresenta un’occasione di riflessione sui lineamenti definitori delle “oggettive situazioni” che, in materia di società di comodo, consentono la disapplicazione della relativa disciplina. Nel caso vagliato, una S.r.l. a causa della perdita riportata presentava all’Agenzia delle Entrate un’unica istanza (cumulativa) con cui chiedeva la disapplicazione della disciplina delle società non operative di cui all’art. 30 Legge 724/1994 per l’anno 2011 e della disciplina delle società in perdita sistematica di cui all’art. 2, comma 36-decies, d.l. n. 138/2011 relativamente all’anno di imposta 2012. A tale istanza cumulativa faceva seguito il provvedimento del Direttore Regionale delle Entrate che respingeva la richiesta in quanto ritenuta inammissibile nella forma di unica istanza presentata dalla società, in luogo di due istanze separate, e comunque non fondata nel merito. Il provvedimento del­l’A­genzia delle Entrate veniva impugnato innanzi alla competente CTP di Torino con plurimi motivi di ricorso. Ciò che rileva è che alla base dell’impugnazione vi era la considerazione secondo cui la fattispecie in esame non potesse rientrare nell’ambito di applicazione della disciplina delle società di comodo e delle società in perdita sistematica in quanto lo svolgimento dell’attività imprenditoriale (ristrutturazioni di edifici a destinazione residenziale) era stato ritardato da ragioni burocratiche e amministrative legate ai profili urbanistici, tra cui l’ottenimento dei permessi a costruire e la formalizzazione dei contratti di appalto necessari. Il ricorso veniva accolto dalla CTP con una decisione successivamente confermata in sede di gravame. Ad avviso del giudice di legittimità, la C.T.R. aveva individuato gli specifici fatti oggettivi che avevano determinato il ritardo nello svolgimento del­l’attività imprenditoriale offrendo una motivazione, sintetica ma chiara, incentrata sulla “presenza di una iniziativa imprenditoriale protrattasi nel tempo per ragioni burocratiche connesse alla formalizzazione del piano di ristrutturazione degli edifici acquistati ed alla presentazione ed approvazione del PEC e dei conseguenti adempimenti quali l’ottenimento dei permessi a costruire ed alla formalizzazione da ultimo del contratto di appalto; il tutto supportato da ampia documentazione probatoria allegata al ricorso introduttivo”. In particolare, in ordine alla possibilità di ritenere integrati nella specie gli estremi delle “oggettive situazioni” che avevano reso impossibile il conseguimento dei ricavi per la società, la Suprema Corte ha affermato che la prova contraria da parte del contribuente [continua..]

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