Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La gestione del rischio nelle banche (di Federico Riganti (Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino. Avvocato in Torino))


Lo scritto costituisce la relazione che verrà tenuta alla Second International Conference in Risk Management (tema: Legal Issues in Risk Management), Torino, 25/26 ottobre 2018.

Il presente intervento intende soffermarsi sull’importanza del rischio nel settore bancario, nello specifico offrendo al lettore un inquadramento delle varie tipologie di rischio, primo fra tutti il rischio di liquidità, e sottolineando l’influenza di questo sui meccanismi di corporate governance e controllo interno predisposti dalla normativa di riferimento

Risk Management in Banking Industry

The present paper intends to underline the importance of risk in banking industry, summarizing the different type of risks and focusing on the liquidity risk and its impact on Corporate Governance and Internal Control System of Banks

1. Premessa Tra i vari scritti di stampo giuridico che, a fare data dal 2008, hanno analizzato le cause gius-economiche e le ricadute pratico-teoriche della recente (e ormai superata?) crisi dei mercati finanziari, di quello creditizio e dell’econo­mia reale, talvolta anche interrogandosi in chiave di policy sulle possibili “vie d’uscita” da una congiuntura negativa peculiare per qualità e durata, alcuni in particolare hanno cercato di abbandonare complessi tecnicismi ed offrire, di contro, un quadro di insieme che si distingue per chiarezza e che ha ad oggetto, a mio parere, un tema cruciale per questa due giorni di convegno: l’identi­ficazione e la diffusione del rischio, “entità” a tratti ancora sconosciuta. Al di là delle argomentazioni che si possono trarre da tali lavori [1]– in questa sede solo citati, ma che in estrema sintesi offrono un’analisi lucida e ragionata dell’intreccio tra credito e finanza e leggono nell’inadeguatezza dei regolatori e dei gatekeepers [2], così come nelle asimmetrie informative del mercato, il “peccato originale” da cui ha preso avvio la crisi – un dato pare emergere con certezza: il rischio, a discapito di una definizione in astratto finanche semplice (personalmente lo definirei, in modo volutamente a-tecnico e generale, come la possibilità che si avveri una situazione sfavorevole, ancorché talvolta prevista o prevedibile) [3], è un “qualcosa” di complesso, che deve essere non solo conosciuto e anticipato, ma anche affrontato con strumenti – politici, giuridici ed economici – di primo spessore. Un “qualcosa”, come si dirà oltre e come precisato dalla dottrina più attenta – secondo cui «il diavolo non stava, quindi, nella diffusione del rischio, ma nel fatto che questo stava cambiando completamente volto, spargendosi per il mondo senza che qualcuno si preoccupasse minimamente di ricostruirne la tracciabilità» [4] – di inevitabile, e non per forza necessariamente patologico se conosciuto, misurato e monitorato in un quadro “immune” da arbitraggi regolamentari ed anzi rafforzato da un’architettura normativa efficiente ed il più possibile uniforme, sia a livello “macro” (mi riferisco al c.d. rischio sistemico e alla capacità dei mercati di farvici fronte in modo adeguato), sia a livello “micro” (penso alla predisposizione di determinate strutture operative, nel caso di specie societarie e aziendali, capaci di mantenere entro la “soglia di allerta” la propensione e l’esposizione al rischio nelle sue varie forme). Opportuno sottolineare che il tema in discussione si arricchisce poi di ulteriori ed interessanti implicazioni laddove rapportato a certe realtà [continua..]

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