Il presente lavoro, prendendo le mosse dalle novità introdotte con la l. 27 dicembre 2017, n. 205, in tema di diritto societario sportivo, si interroga sulle possibili ragioni per cui il Legislatore ha inteso prima introdurre tali innovazioni e poi, a distanza di soli pochi mesi, eliminare del tutto tale riforma con il “Decreto Dignità” d.l. 12 luglio 2018, n. 87.
Per rispondere al quesito sarà necessario in primo luogo fare un breve excursus storico delle vicende giuridiche attinenti alle società sportive (dilettantistiche e non). In secondo luogo, nel tentativo di delineare tutti i caratteri salienti di tali società sportive dilettantistiche lucrative, si indagherà il connesso fenomeno di ibridazione dei modelli di impresa che da tempo sta coinvolgendo il diritto societario sportivo, ed anche il settore delle società benefit e delle imprese sociali.
The regulatory parabola of non-professional lucrative sports corporations Starting from the novelties introduced by the 27 December 2017, n. 205 Law, about the regulations of sports associations, the present essay speculates about the possible reasons why the Legislator, who first introduced those innovations, decided only after a few months to abrogate such a reform by means of the 12 July 2018, n. 87, legislative decree (“Decreto Dignità”).
To gain an understanding of this paradox, one needs first to give a historical survey of the legal vicissitudes related to sports associations (whether non-professional or not). Secondly, in the attempt to outline the most notable elements of such non-professional lucrative sports associations, one needs to investigate the related phenomenon of the hybridization of the entrepeneurial models, a phenomenon which has been involving the regulations of sports associations for a long time as well as the field of the B corporations and social enterprises.
1. La parabola delle società sportive dilettantistiche lucrative
Come noto, la l. 27 dicembre 2017, n. 205 (di seguito: l. di Bilancio 2018) [1], tra le varie ed eterogenee materie disciplinate, ha riformato anche parte del diritto societario sportivo. Tale novella aveva mutato radicalmente quella che per anni era stata la disciplina delle società sportive dilettantistiche (di seguito: Ssd), in quanto aveva introdotto la possibilità di costituire anche delle società sportive dilettantistiche lucrative (di seguito Ssdl) [2]. In estrema sintesi, prima di tale innovazione legislativa, le Ssd potevano, ai sensi della precedente normativa [3], essere costituite solamente nella forma di società di capitali o cooperative ma senza il perseguimento dello scopo di lucro [4].
Tuttavia, tale innovativa riforma del diritto societario sportivo ha avuto vita breve, poiché con l’entrata in vigore del d.l. 12 luglio 2018, n. 87 (di seguito: decreto Dignità) [5], ed in particolare ai sensi dell’art. 13 di quest’ultimo, sono state abrogate le norme contenute nella l. di Bilancio 2018 che facevano riferimento all’esercizio, con scopo di lucro, delle attività sportive dilettantistiche [6]. Conseguentemente, le Ssdl sono rimaste in vigore per non più di sette mesi, generando così, negli operatori del mercato e in quelli del diritto, una notevole incertezza, tantoché, in questo quadro normativo così nebuloso e a dir poco mutevole, corrono alla mente le parole di quella autorevole dottrina che scriveva che «impresa e mercato hanno bisogno di regole certe», e questo al fine di evitare «il rischio che l’ordine del mercato degeneri in disordine del mercato» [7].
2. Cenni al processo di ibridazione dei modelli societari e di impresa nel diritto sportivo
Alla luce di tale innovazione normativa, è doveroso svolgere due considerazioni preliminari, una di carattere sistematico e una di carattere storico.
Per quanto attiene alla prima considerazione, non si può che esprimere un particolare dissenso riguardo alla modalità con cui la riforma in esame è stata realizzata. A tal riguardo, sia consentito osservare che la scelta legislativa di attuare una riforma così rilevante per il diritto societario sportivo mediante una legge di Bilancio, la quale per sua natura è composta da un unico articolo suddiviso in ben 1181 commi, non può che essere criticata, anche se il Legislatore sempre più frequentemente sta ricorrendo a tale modalità di legiferare [8]. Nello specifico infatti, sarebbe stato preferibile, al livello sistematico, non destinare alla novella in esame appena qualche comma dei 1181 della l. di Bilancio 2018, ma provvedere a tale riforma con un’apposita legge ad hoc. Infatti, se così si fosse operato, la riforma [continua..]