Lo scritto analizza, limitatamente all’esperienza italiana e statunitense, le cc.dd. “poison pills”, ovvero quei rimedi tesi a impedire o scoraggiare scalate ostili.
The dubious operation of the “American-style” poison pills into the Italian legal system The paper analyzes, limited to the Italian and American experience, the so-called “poison pills”, i.e. those remedies aimed at preventing or discouraging hostile climbs.
1. Premessa
Prima mattina, suona la sveglia. “Come potrei quest’oggi avvelenare la mia società?”. Anomalo, quantomeno. Temo che anche agli occhi della persona dotata della più fervida immaginazione, questo scenario non possa che sembrare del tutto inverosimile. Perché mai un socio (o un amministratore) maturerebbe in sé la voglia di annientare ciò per cui ha – auspicabilmente – combattuto e in cui ha riversato tanti sforzi? Perlopiù di prima mattina!
“Avvelenare”. È un termine decisamente molto forte che richiama alla mente morti illustri e tempi passati. Per citarne alcuni, Socrate, nel 399 a.C., si tolse la vita ricorrendo alla cicuta, una pianta fortemente velenosa, dopo aver appreso la notizia della sua condanna a morte da parte di una giuria ateniese. Cleopatra – ancora – secondo la ricostruzione classica dello storico Plutarco, preferì il suicidio alla fine misera che Roma le avrebbe riservato, lasciandosi mordere da un serpente, un aspide per l’esattezza, nascosto in un cesto di fichi. E si potrebbe indubbiamente continuare a lungo ricordando quanti abbiano trovato sollievo dalle pene della vita terrena utilizzando un φάρμακον (farmacon), termine greco per indicare la parola “veleno”, ma anche – sorprendentemente – “medicina”. Trovo invero molto interessante questa dicotomia del termine, idoneo a indicare due sostanze agli antipodi; l’una portatrice di morte, l’altra difenditrice della vita. Ebbene, credo che questa distinzione possa avere anche un qualche pregio in campo giuridico; basti pensare alle c.d. poison pills, letteralmente “pillole avvelenate”. Nell’accezione americana del termine, le stesse identificano quelle tecniche difensive – attuabili tramite delibera dell’organo amministrativo della società – utilizzate per fronteggiare eventuali tentativi di scalata ostile [1]. Ecco quindi che ritorna anche in ambito giuridico il concetto di avvelenamento e con esso quell’ambivalenza del farmacon, tra cura e sostanza venefica. L’attuazione di una poison pill, infatti, conduce ad un effetto antitetico: da un lato tutela indubbiamente la posizione e gli interessi degli azionisti, limitando la contendibilità del controllo societario e cristallizzando gli assetti proprietari, da un altro, tuttavia, l’effetto venefico delle pillole comprime in modo netto il diritto all’investimento di qualsiasi aspirante scalatore.
La mia intenzione, in questo breve scritto, non è tanto di analizzare puntualmente la generalità degli strumenti difensivi utilizzabili nel contesto di un tentativo di scalata ostile (avente ad oggetto una società italiana), quanto piuttosto di inquadrare lo strumento delle poison [continua..]