Giurisprudenza
È rilevante la distinzione tra crediti di imposta “inesistenti” e “non spettanti” – Con la sentenza del 16 novembre 2021, n. 34444, la Corte di Cassazione ha definitivamente sancito – in contrasto con l’orientamento espresso, tra le altre, nelle sentenze Cass., 21 aprile 2017, n. 10112, e Cass., 2 agosto 2017, n. 19237 – l’esistenza di una distinzione giuridicamente rilevante tra crediti di imposta “inesistenti” e crediti di imposta “non spettanti”, l’indebita compensazione dei quali è diversamente sanzionata dall’ordinamento. Per l’effetto, ha statuito il principio di diritto secondo cui, in tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente, l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall’art. 27, sedicesimo comma, d.l. n. 185/2008, presuppone l’utilizzo non già di un credito meramente “non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, dovendo intendersi per tale – anche alla luce dell’art. 13, quinto comma, terzo periodo, d.lgs. n. 471/1997 – il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter, d.p.r. n. 600/1973, e 54, d.p.r. n. 633/1972.
È valido l’atto impositivo emesso da un Ufficio incompetente – Con la sentenza dell’11 novembre 2021, n. 33287, la Corte di Cassazione ha affermato che l’incompetenza territoriale dell’Ufficio emittente determina un vizio meramente formale, che non produce effetti sul contenuto dell’atto e che, dunque, non può comportarne l’invalidità. Segnatamente, richiamando la pronuncia del Consiglio di Stato del 4 settembre 2020, n. 5355, i giudici hanno ritenuto che, trovando applicazione l’art. 21-octies, l. 7 agosto 1990, n. 241, l’atto impositivo spiccato in violazione di una norma sul procedimento – e, dunque, anche nel caso di incompetenza territoriale dell’Ufficio emittente – non possa essere annullato se è chiaro che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La motivazione può essere integrata in corso di giudizio – Con la sentenza del 18 ottobre 2021, n. 28560, la Corte di Cassazione ha statuito il principio di diritto secondo cui, con riguardo all’obbligo di motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria di cui all’art. 7, primo comma, primo periodo, l. n. 212/2000, è ammessa l’integrazione nel giudizio tributario dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato una decisione dell’amministrazione succintamente motivata, qualora la successiva esternazione di una compiuta motivazione non leda il diritto [continua..]