Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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L'esperimento dell´interpello in materia di società di comodo: questioni attuali (di Giovanna Petrillo, Professore associato di Diritto tributario presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”)


La disciplina delle società di comodo ex art. 30 l. 23 dicembre 1994, n. 72, sul piano della tecnica normativa risulta eccessiva e sbilanciata a favore di una preminente considerazione degli interessi erariali. È, pertanto, auspicabile potenziare l’utilizzo del diritto di interpello per rimediare, fin dove possibile, alle storture della disciplina e limitarne i danni derivanti dalla sua incoerenza.

 

Tax ruling on shell companies: current issues

The shell companies’ legal regulation ex art. 30 l. 23 December 1994, n. 72, seems very excessive and much focused on tax interest. It would be desirable to developed the use of the tax ruling to remedy, as for as possible, the distortions of the legal regulation and limit the damage resulting from its incongruity.

Keywords: Discipline of shell companies – tax ruling – business choices.

1. Elementi introduttivi È ben noto che per i soggetti societari non è necessario, al fine di acquisire lo status di impresa fiscale, lo svolgimento effettivo di una attività, come invece accade per le persone fisiche (art. 55 TUIR), risultando sufficiente la conclusione ed il perfezionamento del contratto con la prevista tipologia commerciale [1]. Ciò posto, si determina la sussistenza dell’impresa ai fini fiscali anche in caso di società commerciale che compia atti sporadici o che realizzi atti di tipo preparatorio non giungendo alla fase ‘gestoria’ o addirittura rimanendo inerte con conseguenti rilevanti problematiche, in ambito tributario, in merito all’abuso della forma giuridica societaria [2]. Dal punto di vista fiscale, per le società di comodo o non operative è prevista l’attribuzione di un reddito minimo presuntivamente determinato sulla base di appositi coefficienti di redditività: il legislatore si basa, dunque, sulla presunzione che, nel momento in cui non venga superata la soglia di operatività, si aziona un meccanismo di determinazione di un reddito minimo da dichiarare ai fini fiscali prevedendo una penalizzazione proprio per scoraggiare le società utilizzate come meri contenitori patrimoniali. Dette esigenze dissuasive non sempre hanno trovato coerente riscontro nell’art. 30 della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e soprattutto nei numerosi e stratificati interventi legislativi che nel tempo ne hanno rinnovato la disciplina. Paradigmatico, in questo senso, è il testo del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148) che ha previsto rilevanti modifiche alla disciplina tributaria delle società non operative di cui all’art. 30 della l. 23 dicembre 1994, n. 724. Si tratta, in special modo, di due novità che incidono su aspetti differenti della disciplina. La prima riguarda i presupposti normativi che determinano la qualifica di società di comodo e prevede un’estensione di tale qualifica a società che, a determinate condizioni, evidenziano una perdita di esercizio. Il secondo aspetto innovativo inerisce, invece, l’imposta sul reddito (IRES), nell’ambito della quale viene prevista una maggiorazione della aliquota generale di riferimento. Dalla tecnica normativa utilizzata dal legislatore discende che dal mancato raggiungimento del reddito minimo così come dalla realizzazione del presupposto della perdita sistematica consegue la applicazione di una disciplina specifica in materia di imposte dirette ed IVA. Per quanto concerne le imposte dirette, le società di comodo sono assoggettate a regimi sostitutivi fondati sul valore dei beni patrimoniali facenti parte dell’assetto sociale. In tal modo, si sposta il presupposto impositivo dal reddito effettivamente prodotto al reddito potenzialmente [continua..]

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