Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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L´applicabilità della cooptazione all´organo amministrativo delle associazioni del Terzo settore (di Mercedes Guarini, Ricercatrice di Diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”)


Il presente articolo trae spunto dal parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (del 30 novembre 2021, n. 18244) che ha assunto una posizione nettamente contraria all’applicabilità dell’istituto della cooptazione per tutte le associazioni del terzo settore. Il Ministero esclude sia un’applicabilità de jure che la legittimità di una previsione statutaria; manifestando invece una certa apertura per le fondazioni. La conclusione di una generalizzata inapplicabilità della cooptazione alle associazioni del terzo settore non può condividersi. Nel criticare l’assunto della contrarietà di tale istituto al principio di “democraticità” e la premessa che, per gli enti del terzo settore, il legislatore abbia inteso la nomina dell’organo amministrativo (da parte dell’assemblea) come prioritaria rispetto alle esigenze di una continuità della gestione dell’ente, si individuano possibili spazi operativi del meccanismo della cooptazione anche per le associazioni del terzo settore.

The applicability of co-optation to the directors of Third Sector associations

This article takes cue from the opinion of the Ministry of Labour and Social Policy (dated 30.11.2021, n. 18244) which has considered the co-option of directors inapplicable to the third sector associations. The Ministry’s arguments are criticized and it is considered that co-optation is not contrary to the principle of democracy which inspires the discipline of third sector organizations. It is therefore possible to identify the possible areas of application of co-optation also for the third sector associations.

Keywords: third sector associations – cooptation – principle of democracy.

1. Premessa Il d.lgs. 3 luglio 2017 n. 117, recante il Codice del Terzo settore (di seguito anche CTS) ha, come è noto, introdotto diverse “fattispecie” attraverso cui enti privati (senza scopo di lucro) possono perseguire quelle finalità puntualmente indicate dalla legge delega ovvero che (in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi (statuti o atti costitutivi) [1] possono promuovere e/o realizzare attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi [2]. L’intento era di provvedere al riordino e a una revisione organica (non del tutto raggiunta) dell’intera disciplina speciale degli Enti appartenenti a tale categoria [3]. In tale prospettiva, come è noto, il legislatore è intervenuto anche a riscrivere la disciplina dell’impresa sociale [4]. A seguito di tali riforme, in via di estrema sintesi, gli enti del terzo settore possono articolarsi in enti tipici, atipici (che cioè non accedono ad uno specifico statuto singolare) e enti non profit [5]. Particolare rilievo (per i risvolti anche sul tema in esame) è da ascrivere al pieno riconoscimento (per gli enti del terzo settore) di svolgere (quelle attività di interesse generale) [6] anche in forma d’impresa. Non è questa la sede per ripercorrere il dibattito circa la conciliabilità tra le finalità “idealistiche” degli enti del terzo settore (e ancor prima di quelli non profit) e l’esercizio di un’attività d’impresa [7]. E, però, sin dalle premesse, occorre rimarcare che la suddetta articolazione apre senza alcun dubbio nuovi scenari interpretativi di non facile soluzione [8]. Nello specifico, sarà necessario interrogarsi sull’incidenza che, in termini di disciplina, dovrà ascriversi all’esercizio o meno da parte dell’ente di un’at­tività di impresa. Come meglio si specificherà, il Codice del terzo settore – disattendendo le previsioni della legge delega (che suggeriva di differenziare gli enti “erogativi” da quelli che esercitassero attività d’impresa, in modo stabile e prevalente invocando, solo per quest’ultimi, l’applicabilità della disciplina delle società – utilizza (per le sole associazioni del terzo settore e a prescindere dall’esercizio o meno di un’attività d’impresa) [9] la tecnica normativa di un rinvio a specifiche disposizioni del diritto societario [10]. Il tema in esame è da ricondurre a quello più generale della ricostruzione del rapporto tra la disciplina “speciale” degli enti del terzo settore e la disciplina generale del codice civile che, il Codice del terzo settore, richiama [continua..]

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