Il presente contributo esamina i possibili effetti dell’attivismo societario in Italia. Con il supporto empirico di recenti “campagne” attiviste aventi ad oggetto note società italiane sostengo che l’attivismo societario possa svolgere un ruolo significativo nella riduzione dei costi di agenzia tipici del capitalismo “relazionale” italiano. Gli investitori attivisti, con l’obiettivo primario di massimizzare il proprio investimento, possono insinuarsi tra soci di controllo dominanti e soci di minoranza deboli e ridurre l’intrinseco conflitto di interessi tra gli stessi, sfruttando abilmente diritti di minoranza, sofisticate strategie legali e finanziarie, ed enormi capacità economiche. Tali abilità si sono dimostrate particolarmente efficaci nell’ambito di operazioni con parti correlate e offerte pubbliche d’acquisto di soci di controllo finalizzate alla revoca dalla quotazione delle azioni dell’emittente (c.d. freezeouts o squeeze-outs), e dunque in circostanze nelle quali il rischio di espropriazione dei soci di minoranza è particolarmente elevato. In tali contesti gli investitori attivisti hanno gli incentivi e le caratteristiche adatte a vigilare e, se del caso, contestare scorrettezze e abusi delle maggioranze. La tesi sviluppata nel presente lavoro si estende sino a ipotizzare che la “minaccia” dell’attivismo societario possa fungere da deterrente alle condotte dei soci di controllo meramente finalizzate a estrarre i c.d. benefici privati del controllo, e aumentare i costi di espropriazione delle minoranze. Le esperienze passate e la natura del fenomeno suggeriscono che l’attivismo societario è destinato a persistere, anche in Italia, sino a quando ci saranno profittevoli opportunità di arbitraggio dei diritti di governance.
This paper examines the causes and possible effects of shareholder activism in Italy. With the support of anecdotal evidence of recent and notable campaigns, this paper claims that activism can play a key role in reducing the agency costs of Italian “relational” capitalism. Activists, by leveraging the minority rights provided by the Italian framework, their sophistication and financial power, and in the pursuit of their primary profit objectives, could fill the gap between strong controllers and dominated boards, on one hand, and weak minority shareholders, on the other. Such disciplinary role has been demonstrated in the context of opaque related party transactions and freezeouts, where the risk of minority expropriation is particularly significant. In those circumstances, activists are simply better positioned than other shareholders to police bad deals. This paper also hypothesizes that the very threat of activism could serve as a deterrent to Italian controllers seeking to extract private benefits and increase the costs of minority expropriation. Activism is here to stay as long as there are opportunities to arbitrage governance rights and make profits.
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