Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Scritture contabili e statuto dell´imprenditore commerciale: un nesso ancora attuale? (di Riccardo Russo, Assegnista di ricerca in Diritto commerciale presso il Dipartimento di Ingegneria gestionale e della Produzione – Politecnico di Torino.)


Lo scritto esamina alcuni nodi problematici in materia di scritture contabili, mettendo in luce i punti di intersezione tra la disciplina codicistica e le regole che presiedono, nell’ambito della procedura fallimentare, alla formazione dello stato passivo e alla ricostituzione dell’attivo.

Accounting and statute of the commercial entrepreneur: a link still current?

The paper examines some problematic issues regarding accounting and highlights the points of intersection between commercial law and the rules governing, in the context of bankruptcy proceedings, the formation of the passive state and the reconstitution of assets.

Keywords: accounting – insolvency

1. Premessa «Una attività mercantile richiede registri e conti e sistemi di contabilità». Con queste parole, Tullio Ascarelli, nel saggio Origine del diritto commerciale [1], ricordava come sin dagli albori le imprese si fossero dotate di meccanismi, per quanto rudimentali, di tracciabilità [2]. Nella disciplina delle scritture contabili si rinviene, in prospettiva storica, la conferma che gli istituti del diritto commerciale sorgono da esigenze avvertite nella prassi prima ancora che nel diritto positivo [3]. A ben guardare, regole accolte nel codice civile – l’obbligo di tenere il libro giornale, i limiti all’efficacia probatoria dei registri – hanno un’origine risalente; nel codice civile del 1942 sono stati trasfusi principi presenti nei codici di commercio del 1865 e del 1882 e nelle legislazioni preunitarie, che costituivano a loro volta traduzioni pressoché letterali e rimaneggiamenti del code du commerce del 1807. Muovendo da tali premesse, il presente scritto tenterà di offrire una ricognizione di quei nodi problematici che, con più frequenza, sono stati portati alla decisione delle Corti ed esaminati a livello interpretativo; nella sezione finale del lavoro, ci si soffermerà su alcuni punti di intersecazione tra la disciplina codicistica delle scritture contabili e le disposizioni che presiedono al funzionamento della procedura fallimentare. 2. Le «scritture contabili»: significato dell’espressione e rilevanza Com’è noto, il lemma «scritture contabili» non riceve alcuna definizione nell’ordinamento civilistico; l’avvento del termine nella legislazione italiana si deve al codice civile del 1942, che lo preferì alla diversa espressione «libri di commercio», tratta dal titolo II del libro I del code du commerce del 1807 e rimasta immutata nel passaggio dai codici degli Stati italiani preunitari [4] ai codici di commercio italiani del 1865 e del 1882. L’espressione «libri di commercio» campeggiava in apertura del titolo II del libro I sia nel codice di com­mercio del 1865, nel quale era stato trasfuso essenzialmente il codice di commercio sardo, sia nel codice di commercio del 1882 [5]. Nel silenzio del legislatore, si è osservato che le scritture contabili evocano l’«insieme ordinato della documentazione scritta inerente l’impresa» [6]; esse, infatti, sono «dirette a rappresentare quantitativamente le singole operazioni economiche e finanziarie e le vicende, positive e negative, degli elementi del patrimonio dell’imprenditore» [7]. Risalente, ma tuttora attuale, è il rilievo per cui le scritture contabili recano la «rappresentazione simbolica, vale a dire in termini monetari o, anche, quantitativi, dell’attività d’impresa e dei suoi [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio