La disciplina delle Piccole e Medie Imprese Innovative è stata introdotta nell’ordi­namento giuridico italiano con l’obiettivo di permettere alle imprese italiane di far fronte all’inarrestabile processo di innovazione tecnologica e reggere il confronto competitivo con i mercati stranieri. Il presente contributo nasce con l’obiettivo di analizzare la disciplina italiana di recepimento di quella unionale in materia di PMI Innovative: bisogna, infatti, tener presente che quello dell’imprenditoria è, certamente, uno dei settori in cui è maggiore la spinta all’integrazione comunitaria. La presente trattazione si focalizza, da una lato, sull’esame degli aspetti civilistici posti alla base di tale tipologia di imprese e, dall’altro, sull’analisi delle agevolazioni fiscali concesse dal Legislatore italiano, il quale ha voluto incentivare agli investimenti nell’innovazione; non v’è chi non veda, infatti, come il favor dell’ordinamento italiano verso tale tipologia di imprese passi, certamente, attraverso lo sgravio fiscale: rinunciando alla porzione di gettito proveniente da questa categoria di imprese, infatti, il Legislatore consente alle PMI Innovative di avere una maggiore disponibilità di risorse da destinare allo sviluppo delle stesse.

 

1. Introduzione Il presente lavoro [1] nasce con l’obiettivo di illustrare la disciplina delle Piccole e Medie Imprese Innovative (definite d’ora in avanti, anche, semplicemente “PMI Innovative”) con specifico riferimento alla normativa unionale delineata, anzitutto, in seno alla Raccomandazione della Commissione Europea del 3 maggio 2003, n. 361 [2] (d’ora in avanti, per brevità, anche “Raccomandazione 2003/361/CE” o la “Raccomandazione”). A ben vedere, la Raccomandazione in commento delineava le caratteristiche delle sole piccole e medie imprese (di seguito, per brevità, anche semplicemente “PMI”), in via del tutto generale (senza, cioè, un riferimento alle imprese aventi carattere “innovativo”): come si vedrà nel prosieguo della presente analisi, l’elaborazione della disciplina delle Piccole e Medie Imprese Innovative è frutto di un percorso di sviluppo variegato e rappresenta, tra le altre cose, una delle risposte dell’ordinamento italiano alla crisi dei mercati finanziari del 2008 (chiaramente, anche su input delle autorità comunitarie). Il focus della presente trattazione avrà ad oggetto l’esame dei requisiti che consento l’acquisto dello status di PMI innovativa e le misure di favor fiscale ad esso collegate. Il motivo di tale scelta risiede nella centralità che tale tipologia di imprese riveste nell’ordinamento giuridico italiano, avendo la stessa suscitato da diverso tempo l’interesse del Legislatore nazionale, unitamente alla profonda evoluzione che ha caratterizzato il settore delle PMI Innovative a livello unionale: non pare, infatti, ultroneo ribadire e sottolineare come, a livello nazionale, le PMI (innovative e non) rappresentino il vero motore economico del Paese, assurgendo a grande importanza e centralità finanche a livello europeo. Le PMI Innovative possono essere considerate, a tutti gli effetti, una evoluzione delle Piccole e Medie Imprese: queste ultime hanno rappresentato, da tempo immemore, la reale colonna portante del sistema economico italiano, risultando particolarmente radicate nella storia imprenditoriale del Paese; basti pensare che i grandi colossi dell’imprenditoria italiana (il riferimento è, chiaramente, alle grandi imprese operanti nel settore della moda e del food) che hanno contribuito, nel corso dei decenni, al consolidamento del concetto di “Made in Italy”, quale vero e proprio marchio a livello internazionale, nascevano proprio assumendo la struttura delle Piccole e Medie Imprese. Non pare un’esagerazione, ad avviso di chi scrive, affermare che le PMI costituiscono parte centrale del retaggio economico, storico e sociale italiano, nonché vero e proprio scheletro del sistema economico nazionale. Secondo l’Osservatorio Innovation e Corporate Venture Capital promosso dalle [continua..]