Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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Le politiche di bilancio. Tassonomia e discrezionalità degli amministratori (di Cristiano Cincotti, Professore associato di Diritto commerciale presso l’Università di Cagliari, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali)


Lo studio esamina le c.d. politiche di bilancio. Dopo aver passato in rassegna le fattispecie disciplinate dalla legge e dai principi contabili, si conferma la legittimità dell’esercizio di poteri discrezionali nelle valutazioni di bilancio e si esaminano i limiti e le modalità di esercizio di tali poteri.

 

Accounting Policies. Taxonomy and directors’ discretion

The paper discusses the topic of the so-called politiche di bilancio (accounting policies). After an overview of the cases ruled by law and accounting standards, it confirms the legitimacy of exercising discretionary powers in financial statement evaluations and examines the limits and methods of exercising these powers.

Keywords: Financial statement – accounting policies – director’s power.

1. Le politiche di bilancio e il dibattito in dottrina. Sintesi Il problema che ruota attorno alle politiche di bilancio attiene all’eventuale riconoscimento in capo all’organo gestorio, in sede di redazione del progetto di bilancio, di una discrezionalità non solo tecnica ma altresì, per così dire, politico-economica [1]. Giova preliminarmente rilevare come il dibattito sia sorto e si sia sviluppato con riguardo ad un dato normativo ben differente dall’attuale, di guisa che le più risalenti tesi che riconoscevano piena libertà all’organo amministrativo nelle valutazioni di bilancio sono oggi smentite dato positivo [2]; così pure, le tesi che negavano ogni profilo di discrezionalità in capo agli amministratori e ritenevano illegittima ogni politica di bilancio devono oggi confrontarsi col dato normativo che espressamente le menziona [3] – così necessariamente riconoscendone, entro certi limiti, la legittimità – e non tengono conto delle modifiche del quadro normativo conseguenti all’emanazione della Direttiva Accounting 2013/34/UE, del 26 giugno 2013, recepita dal d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 [4]. L’esame delle differenti tesi appare tuttavia utile al fine di una compiuta ricostruzione dello sviluppo dialettico del tema oggetto di studio. Una prima posizione, in estrema sintesi, afferma che il progetto di bilancio rappresenterebbe un vero e proprio atto di disposizione del patrimonio sociale [5], là dove gli amministratori avrebbero la possibilità di creare, senza neppure l’obbligo di darne avviso all’assemblea [6], riserve occulte mediante sottovalutazione delle attività, al fine di autofinanziare la società. In questi termini, il documento sottoposto all’assemblea per la sua approvazione dovrebbe essere considerato piuttosto una proposta (di bilancio) – quale dichiarazione di scienza e di volontà ad un tempo – là dove gli amministratori, nel fornire una rappresentazione del patrimonio della società e del risultato della gestione, propongono una determinata politica di bilancio, solo eventualmente esplicitata nella relazione sulla gestione [7]. La tesi sopra succintamente richiamata è stata oggetto di profonda critica da parte di autorevole – ed oggi maggioritaria – dottrina che, per quanto qui interessa, nega la possibilità di ravvisare qualsivoglia attività dispositiva da parte degli amministratori nella redazione del bilancio [8]. La rappresentazione contabile fornita dal progetto di bilancio sarebbe, in questa impostazione, una mera conseguenza delle scelte gestorie in precedenza adottate dall’organo amministrativo, delle quali il documento fornisce notizia; dovrebbero invece considerarsi illegittime le scelte gestorie adottate in sede di redazione del progetto di bilancio [continua..]

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