Lo scritto, prendendo le mosse dall’origine e dall’evoluzione della legislazione in tema di crowdfunding, analizza i vari profili del Regolamento Europeo 2020/1503 del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese.
The New European Regulation on the crowdfunding The paper starts analysing the origin and the evolution of the crowdfunding law and examines the different profiles of the European Regulation no. 2020/1503 of the 7th October 2020 about the European providers of crowdfunding services for compa-nies.
1. La nascita della legislazione in materia di crowdfunding
I primi tentativi di regolamentare l’attività che viene comunemente definita “equity crowdfunding” [1] risalgono all’anno 2012, quando il legislatore italiano e quello americano cominciarono a disciplinare la materia.
Il contesto era quello successivo alla grave crisi finanziaria e poi economica che aveva duramente colpito l’economia globale e quindi gli investitori, le banche e, di riflesso, gli imprenditori (con un effetto moltiplicatore dopo il fallimento della Banca americana Lehman Brothers, avvenuto nel corso del 2008) come risultato poi evidente dal fatto che gli investimenti eseguiti con il ricorso ad un’esasperata leva finanziaria, sia nel mercato dei capitali che nel mercato immobiliare, conclusi prima della fine del 2008, sono diventati uno dei maggiori problemi con il quale i fondi di investimento, le banche e gli stakeholder si sono dovuti confrontare.
Di fronte ad uno scenario economico-finanziario difficile e particolarmente deprimente, anche per l’imprenditoria italiana, il legislatore ha cercato di escogitare soluzioni per creare delle opportunità di crescita e di sviluppo e, a tale scopo, sono stati introdotti una serie di strumenti finalizzati a favorire le imprese italiane.
In conseguenza di tale quadro macro economico, nel corso del 2012, il governo italiano ha approvato alcune norme (il d.lgs. n. 83/2012 [2], convertito nella l. n. 134/2012 e il d.lgs. n. 179/2012, convertito nella l. 17 dicembre 2012 n. 221, finalizzate a consentire alle piccole e medie imprese italiane di raccogliere forme alternative di finanziamento [3].
Per effetto di tali decreti si possono oggi qualificare come forme alternative (a quelle del sistema bancario) di finanziamento:
(i) la raccolta di finanziamenti attraverso l’emissione delle c.d. “cambiali finanziarie”, operata con l’ausilio di uno sponsor, attraverso offerte indirizzate esclusivamente ad investitori istituzionali (a condizione che l’ultimo bilancio della società offerente sia stato assoggettato a revisione contabile);
(ii) l’emissione di prestiti obbligazionari su mercati regolamentati o alternativi (MTF), da parte di società che non sono quotate, ai quali si applica la deroga contenuta nell’art. 2412, quinto comma, c.c. [4], definiti anche “mini-bonds”;
(iii) la raccolta di fondi per le PMI e le start-up innovative [5], attraverso lo strumento dell’equity based crowdfunding.
Il problema principale che il legislatore intendeva risolvere, era connesso alla perdurante scarsità di canali per la raccolta di fondi da parte di soggetti interessati ad avviare nuove realtà imprenditoriali caratterizzate da un elevato profilo di rischio e di rendimento e dall’alto “tasso di mortalità” di questa tipologia di iniziative, anche in [continua..]