L’articolo offre alcuni spunti di riflessione sull’istituto dei patrimoni destinati ad uno specifico affare a vent’anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento giuridico, che, nonostante le ottimistiche aspettative e finalità del legislatore, volte all’implementazione della competitività delle imprese italiane sul piano economico-finanziario, attraverso un’ulteriore limitazione della responsabilità, non ha incontrato il favore dell’imprenditoria italiana. L’Autore valorizza la scelta di fondo del legislatore e gli sviluppi che l’istituto ha avuto nel corso degli anni, mettendo, tuttavia, in risalto, alcune criticità che potrebbero averne determinato l’insuccesso.
Parole chiave: segregazione patrimoniale – azioni correlate – trust – affare – patrimonio netto – apporti di terzi – strumenti finanziari – revisore legale – rendicontazione – opposizione dei creditori – azioni revocatorie – fatto illecito – rendiconto finale.
Assets intended for a specific business The article offers some idea for thought on the institution of assets intended for a specific business twenty years after its introduction into our legal system, which, despite the optimistic expectations and purposes of the legislator, aimed at implementing the competitiveness of Italian companies on an economic-financial level, through a further limitation of liability, it did not meet the favor of Italian entrepreneurs. The Author values the basic choice of the legislator and the developments that the institute has had over the years, highlighting, however, some critical issues that may have led to its failure.
Keywords: asset segregation – related shares – trust – business – net assets – contributions from third parties – financial instruments – auditor – reporting – opposition of creditors – revocatory actions – tort liability – final report.
1. Premessa
Sono ormai trascorsi vent’anni dal “debutto in «società»” [1] dei patrimoni destinati ad uno specifico affare [2], introdotti nel nostro ordinamento giuridico con la riforma organica del diritto societario del 2003, senza che, rispetto alle aspettative del legislatore, si possa ragionevolmente affermare il successo di tale istituto [3]. Non sembra, infatti, che dopo un primo decennio, non proprio entusiasmante [4], si siano concretizzate esperienze che possano preconizzare un salto di qualità nella valorizzazione e sfruttamento di questa (nuova) forma di segregazione patrimoniale [5]. Gli ingredienti, tuttavia, c’erano (e ci sono) tutti: ulteriore limitazione di responsabilità in primis, ottimizzazione delle risorse, contenimento dei costi (quantomeno) amministrativi, riduzione delle formalità, eventuali apporti di terzi, possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare, economie di scala, flessibilità intrinseca del sistema. L’introduzione di alcune norme imperative, come, ad esempio, quella relativa al dieci per cento del patrimonio netto, che ha costituito una sorta di “guinzaglio” probabilmente troppo corto, unitamente, forse, ad un atteggiamento culturale diffidente, sembrano aver condizionato le scelte degli operatori, così vanificando le intenzioni e le aspettative del legislatore, riferibili alla volontà di sfruttare limitazioni della responsabilità patrimoniale, al fine di rendere più competitive sul piano economico-finanziario le nostre imprese, segnatamente, le società per azioni [6]. Né mi sembra che, in quest’ottica, la scelta di circoscrivere la costituzione dei patrimoni destinati alla sole società azionarie [7], abbia favorito il loro sviluppo e l’accesso ai canali di finanziamento, perché è di assoluto rilievo che la segregazione patrimoniale ha una natura poliedrica, nel senso che tutela maggiormente il debitore ma, nello stesso tempo, offre ai creditori interessati una posizione privilegiata sia nelle valutazioni della bontà e della solvibilità del comparto sia in quelle dell’andamento dell’affare, circoscrivendo la loro attenzione (e i loro controlli) su un solo segmento della più ampia attività caratteristica dell’impresa in quanto tale.
Sul piano dottrinale non sono mancate considerazioni critiche [8] basate principalmente sulla svalutazione del principio di responsabilità patrimoniale generale sancito dall’art. 2740 c.c. [9], ad opera del legislatore che, con l’intento di procacciare alle nostre imprese maggiori occasioni di business, sviluppandone la competitività, ha consapevolmente introdotto l’ennesima eccezione, facendo emergere dubbi sulla validità della separazione [continua..]