Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La fondazione di partecipazione: 'modello' atipico a struttura tipica (di Maurizio Cavanna)


Nata da un interessante innesto sul tronco della disciplina generale della fondazione di alcune disposizioni dedicate ad enti di diritto speciale, il modello atipico della fondazione di partecipazione ha incontrato diffusione sempre maggiore, al punto da ricevere esplicito quanto parziale riconoscimento in alcune recenti e laconiche disposizioni del Codice del Terzo Settore. I nodi interpretativi che l’inquadramento della figura pone invero non paiono tutti compiutamente risolti: a partire dalla qualificazione della sua natura di ente, se del tutto atipico ovvero modellato quale mera variante del tipo; per proseguire con la ricostruzione della disciplina dell’organo assembleare “aggiuntivo” che arricchisce lo statuto tradizionale dell’ente, se essa debba essere desunta da principi generali, ovvero delle disposizioni dell’assemblea delle associazioni e delle società; sino ad arrivare alla disamina delle vicende della partecipazione e gli assetti di governance che la duttile struttura partecipativa potrebbe consentire di fissare.

In tal senso viene da chiedersi se, in una logica di maggior sicurezza, l’istituto non meriti maggior attenzione da parte del legislatore, al fine di superare le incertezze evocate.

'Fondazione di partecipazione': atypical model characterized by typical structure

Emerging as an intriguing graft on the general trunk of foundation laws, in the form of certain dedicated provisions covering special entities, the fondazioni di partecipazione (i.e. akin to partnership foundations or conversion foundations) are a fast-growing atypical model, to the extent that they have been explicitly although partially recognized in some recent, laconic articles of the Italian code of the voluntary sector (Codice del Terzo Settore). Indeed, the issues pertaining to the interpretation of the nature of this institution do not appear to have been entirely resolved – starting with qualifying them as entities which may be totally atypical or a simple variation of a typical entity, and also construing the rules that regulate their “additional” participatory body, which builds upon the traditional status of similar entities, and understanding if these rules must be inferred from general principles, or from the provisions applicable to the assemblies of associations and corporations, as well as examining the patterns of participation and governance structures that their flexible participatory arrangement might allow for.

In this respect, as a measure of caution, this institution would perhaps deserve more attention from the legislator, in order to overcome these uncertainties.

1. Introduzione La “fondazione di partecipazione” nasce da un’esigenza operativa, quella di vivificare lo schema organizzativo della fondazione arricchendolo con l’introduzione di elementi propri del diverso schema associativo: esigenza che sul piano formale si traduce nell’elaborazione di un nuovo “modello” negoziale, che non è (non era fino a ieri) conosciuto dalla legge se non in relazione a fattispecie particolari [1], ma piuttosto emerge nella prassi attraverso l’adozione di una pluralità di elementi di comune ricorrenza, tutti tendenti a munire la fondazione di una struttura corporativa [2]. Nella specie, sul tronco dello schema fondazionale classico [3] si innestano una serie di elementi, ulteriori e in parte alternativi a quello stesso schema, quali precisamente: la presenza di una pluralità di soggetti, che prendono parte al­l’attività eseguendo un apporto di varia natura, idoneo al perseguimento dello scopo dell’ente; l’intervento attivo nella gestione dell’ente medesimo di tutti i fondatori o partecipanti all’ente, che di regola comporta la creazione di una pluralità di organi interni destinati ad agevolare tale partecipazione diffusa alla fase gestionale; una formazione del patrimonio che non è circoscritta al­l’atto di dotazione, ma può essere anche progressiva, quindi suscettibile di accrescimento a seguito dell’adesione successiva di partecipanti nuovi e ulteriori rispetto ai fondatori e non dunque limitata alla dotazione iniziale del fondatore [4]. Nel dettaglio, il profilo organizzativo interno è di regola articolato su un duplice grado: un primo, che può coinvolgere tutti i partecipanti, chiamati in tale contesto a fissare i contenuti generali e programmatici dell’attività, a livello di mera consultazione piuttosto che con espressa competenza decisionale; un secondo grado, che invece va riferito all’esecuzione nel perimetro operativo dell’attività programmata dal primo e resta appannaggio dell’organo amministrativo dell’ente. Nei processi deliberativi, gli organi di indirizzo e controllo ed esecutivi pos­sono far proprio il principio democratico puro, piuttosto che adottare un sistema maggioritario “a democrazia imperfetta”, nel senso che “la misurazione del valore proporzionale del voto del singolo è condizionata o dall’entità del­l’apporto (plutocrazia ideale) o dalla natura, propria del votante, di soggetto esponenziale degli interessi della collettività” [5]. Se tale è la struttura nei suoi profili generali, numerose sono poi le sue concrete declinazioni operative, se è vero che, come si è correttamente sottolineato, risulta difficile trovare fondazioni di [continua..]

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