argomento: Giurisprudenza - DIRITTO COMMERCIALE
Il Tribunale di Milano, nell’affermare che «il diritto/potere di sciogliere o proseguire la società sta tutto in capo ai soci che ne dispongono come meglio ritengono, salvo il limite dell’abuso», ha stabilito che «nessun “diritto ad esistere” è riconosciuto alla società, il cui interesse, in questi casi, non trova autonoma protezione e che versa dunque in stato di piena soggezione rispetto alla volontà dei soci, immediatamente imputata alla società stessa senza condizioni e limitazioni o presupposti protettivi», la quale, pertanto, «non esprime interesse proprio in conflitto con quello dei soci».
Inoltre, per il Tribunale, «la domanda di nomina del liquidatore è inammissibile in questa sede contenziosa», in quanto «con tale domanda è richiesta l’emissione di sentenza creativa di un rapporto giuridico – quello tra società di capitali e liquidatore giudizialmente nominato – e tuttavia una sentenza siffatta non è contemplata da alcuna norma sicché risulta preclusa dalla disposizione che prevede la tassatività delle sentenze costitutive (art. 2908 c.c.)»: una preclusione, questa, «quanto mai opportuna, poiché alla nomina di un organo sociale mal si attaglia la stessa configurazione del giudizio ordinario di cognizione, l’emissione di sentenza suscettibile di giudicato, la subordinazione dell’esecutività della sentenza costitutiva alla formazione del giudicato», che trova, a contrariis, conferma, «nella circostanza che la nomina giudiziale del liquidatore è invece prevista come provvedimento di volontaria giurisdizione e quindi nell’ambito di procedimento avente natura ed effetti del tutto diversi (cfr. art. 2487, 2° co., c.c.)».
La sentenza del Tribunale di Milano del 6 maggio 2025 è consultabile sul sito www.ilcaso.it al seguente link: