Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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Profili di criticità relativi alla giurisprudenza di legittimità (di Riccardo Lancia, Avvocato in Roma. Dottorando di ricerca in Diritto e Impresa presso l'Università LUISS Guido Carli di Roma)


Con il presente contributo si intende analizzare la giurisprudenza di legittimità sulla deducibilità dei compensi degli amministratori al fine di ravvisarne gli elementi caratterizzanti in ambito civilistico e fiscale nonché evidenziarne i profili di criticità. Una parte dell’elaborato è riservata all’esame di tale giurisprudenza in relazione ai gruppi societari, sia essi nazionali che multinazionali, in caso di “svuotamento” decisionale della società controllata.

Critical aspects of the Supreme Court's case law on the deductibility

The purpose of this paper is to analyse the Supreme Court's case law concerning the deductibility of directors’ fee in order to identify its characteristic features in civil and tax law and to highlight its critical profiles. Part of the paper is reserved for the examination of this case law in relation to corporate groups, both national and multinational, in the event of decision-making “emptying” of the subsidiary.

1. Premessa: inquadramento generale Il tema, oggetto del presente contributo, attiene ai profili fiscali connessi alla deducibilità dei compensi degli amministratori esercenti anche attività di lavoro subordinato. In tale ambito, si è sviluppata la prassi dell’Ammini­strazione finanziaria, avallata dalla (oramai) consolidata giurisprudenza di legittimità, tendente a disconoscere la deducibilità per la società di capitali delle spese relative alle prestazioni da lavoro subordinato degli amministratori [1]. Secondo la prassi erariale il baricentro del problema si sviluppa intono al concetto di “subordinazione”, che presuppone la compresenza logica e giuridica di almeno due soggetti e l’esistenza di un rapporto ineguale fra loro, in forza del quale uno dei due si trova in una posizione di subordinazione per ragioni di organizzazione e divisione del lavoro [2]. Il rapporto di lavoro subordinato presuppone l’assoggettamento del lavoratore a un concreto ed effettivo potere gerarchico di direzione e controllo, oltre che di un potere disciplinare. In particolare, l’art. 2094 c.c. definisce il lavoratore subordinato come chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di altri. Ai fini tributari, si è innanzi, tecnicamente, al lavoro subordinato se la prestazione di lavoro è svolta, con qualsiasi qualifica, “alle dipendenze e sotto la direzione di altri”, così come previsto dall’art. 49, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Di contro, la dottrina ritiene possibile la coesistenza della qualifica di dipendente e amministratore della società [3], come, tra l’altro, recentemente confermato anche dall’Assonime che, nel condividere ciò, ha correttamente rimarcato l’inesistenza di un simile divieto già in seno alla disciplina civilistica, sebbene ogni valutazione debba essere compiuta in concreto caso per caso [4]. Il possibile disconoscimento della deduzione dei compensi degli amministratori è stato espressamente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione del 31 dicembre 2012, n. 113/E, ove ha precisato che, in sede di attività di controllo, l’Amministrazione finanziaria può disconoscere, totalmente o parzialmente, la deducibilità dei compensi degli amministratori in tutte le ipotesi in cui i compensi appaiano insoliti, sproporzionati ovvero strumentali all’otteni­mento di indebiti vantaggi fiscali [5]. Pertanto, ad una eventuale deducibilità di tali compensi da parte della società potrebbero seguire atti impositivi dell’Agen­zia delle Entrate diretti al recupero a tassazione, ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES), dei compensi [continua..]

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