Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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I nuovi orizzonti della disciplina fiscale delle società di comodo (di Giovanna Petrillo, Professore Associato di Diritto Tributario, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”)


Nell'art. 30 della L. 23.12.1994, n. 724 trova, come noto, espressione una normativa estremamente discussa e criticata. Il saggio contiene alcune riflessioni sul portato della delega fiscale, approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 marzo, in materia di revisione della disciplina delle società non operative.

The future persepectives of the tax discipline of shell companies

In art. 30 of Law 23.12.1994, n. 724, finds, as known, expression a legislation extremely discussed and criticized. The essay contains some reflections on the solutions proposed by the tax delegation approved by the Council of Minister last March 16, on the shell companies’ legal regulation.

1. Considerazioni introduttive sull’esigenza di una progressiva rivisitazione della disciplina fiscale delle società di comodo La disciplina di contrasto alle società di comodo enucleata all’articolo 30, l. 23 dicembre 1994, n. 724 rappresenta una delle normative maggiormente discusse e criticate del nostro sistema tributario sia in considerazione della stratificazione del quadro normativo di riferimento che della rigidità del meccanismo applicativo previsto. Dagli studi in materia sono, infatti, sovente emerse svariate aree di criticità riferibili sia alla carente coerenza interna della disciplina che alla preminente considerazione, nell’ambito della stessa, degli interessi erariali a fronte di uno scarso rilievo dei mezzi di tutela effettiva posti a disposizione del contribuente esposto, nei fatti, al rischio di corrispondere una tassazione collegata a redditi figurativi peraltro incoerente con la premessa della “non operatività” [1]. Come è noto, le società non operative sono soggetti societari che, in virtù di presunzioni legali, vengono considerati come mancanti di quella condizione di “commercialità” sostanziale che giustifica l’applicazione delle norme sul reddito di impresa e sulle detrazioni IVA, e perciò penalizzati dal legislatore [2]. La condizione di società non operativa scaturisce, in pratica, dalla presenza di un determinato volume di asset patrimoniali, con i quali vengono confrontati i ricavi della società (“test di operatività”): se questi sono troppo bassi rispetto a un valore percentualmente determinato in base ai beni patrimoniali (immobilizzazioni), la società ha l’obbligo di dichiarare un reddito minimo presunto, anch’esso determinato percentualmente in base agli asset. Per quanto concerne le imposte dirette, le società di comodo sono assoggettate a regimi sostitutivi fondati sul valore dei beni patrimoniali facenti parte dell’assetto sociale. In tal modo si sposta il presupposto impositivo dal reddito effettivamente prodotto al reddito potenzialmente ritraibile dai beni patrimoniali detenuti dalla società. Ai fini IVA, come si dirà, sono state previste significative preclusioni rispetto all’ordinario regime impositivo con conseguente aggravamento del carico impositivo, il tutto con modalità che presentano indubbi profili di difficile allineamento con i principi fondamentali della neutralità e della proporzionalità. Alle società non operative, è parimenti noto, si sono affiancate in seguito le società in perdita sistemica, che, indipendentemente dai beni strumentali detenuti, sono caratterizzate da una situazione di perdita fiscale protratta per più periodi di imposta. Tale equiparazione è tuttavia cessata a seguito dell’abroga­zione, dei commi [continua..]

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