Il saggio, che indaga sulla riforma dell’art. 33 Cost., riflettendo su di essa alla luce del contesto ordinamentale in cui si cala, ma anche dei vincoli internazionali e sovranazionali incombenti in materia, ne mette in evidenza i contenuti, interrogandosi tuttavia sull’opportunità di continui rimaneggiamenti del testo fondamentale e sulle problematiche a ciò sottese.
The constitutional recognition of the value of 'sporting activity in all its forms' The essay, which investigates the reform of the art. 33 of the Constitution, reflecting on it in the light of the regulatory context in which it is placed, but also of the international and supranational constraints incumbent on the matter, highlights its contents, however questioning the appropriateness of continuous reshuffles of the text fundamental and the underlying issues.
1. Il rilievo dell’“attività sportiva” nella riscrittura dell’art. 33 della Costituzione
Definitivamente approvata lo scorso settembre, la legge di riforma costituzionale che, a mezzo dell’unica disposizione di cui si compone, prevede l’aggiunta di un nuovo ultimo comma all’articolo 33 del Testo fondamentale, specificamente tagliato sull’attività sportiva [1], costituisce un “dato di novità” il cui rilievo può in primis certo legarsi all’esplicita codificazione della rilevanza costituzionale di tale attività.
In effetti, seguendo una logica rispettosa del peculiare ordine di priorità proprio del secondo dopoguerra, che allo sport certamente non guardava come ad una necessità di quel tempo [2], ma soprattutto rifuggendo da quella peculiare caratterizzazione impressa a tal genere di attività dal regime fascista, che se ne serviva quale strumento di formazione della gioventù per la valorizzazione della razza e il rafforzamento sul piano bellico dello Stato [3], la nostra Costituzione, nella sua originaria formulazione, ha mancato qualsiasi accenno espresso al fenomeno sportivo [4].
È solo con la riforma del Titolo V, realizzatasi, nel 2001, a mezzo dell’approvazione della legge costituzionale n. 3, che il fenomeno sportivo “entra” per la prima volta espressamente nel Testo fondamentale, a mezzo del dettato dell’art. 117, comma 3, che annovera “l’ordinamento sportivo” fra le materie oggetto di potestà concorrente [5]. Indiscutibilmente, si tratta di una disposizione di “corto respiro”, in quanto pensata ai più limitati fini del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni [6]. Eppure, proprio in tale disposizione, in cui, negata fondatezza ad ogni tentazione ermeneutica finalizzata ad individuare in essa la negazione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statuale, si è piuttosto rintracciata la chiara scelta da parte del legislatore di ripartire fra i due livelli di governo la competenza a regolare, in via primaria, gli ambiti sottratti all’autonomia sportiva e affidati ai pubblici poteri dalla normativa vigente, viene oggi definitivamente a radicarsi quella peculiare configurazione del fenomeno sportivo che ad esso guarda quale ordinamento “sezionale” o “settoriale” autonomo. Il tutto, secondo un’impostazione che, fatta da sempre propria dalla dottrina maggioritaria, tradizionalmente molto attenta alla specificazione della natura dell’ordinamento sportivo [7], è stata poi recepita, anche di recente, a livello legislativo, in cui l’ordinamento sportivo è configurato quale articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo, dotato di una dimensione internazionale, che risponde a [continua..]