GIURISPRUDENZA
La rinomanza del marchio – La Suprema Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata relativamente ai marchi notori e al momento in cui deve essere verificata la sussistenza del requisito della rinomanza. L’art. 20 del Codice della Proprietà Intellettuale afferma che il titolare di un marchio ha diritto di vietare a terzi di utilizzare nell’ambito della propria attività economica “un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l’uso del segno, anche a fini diversi da quello di contraddistinguere i prodotti e i servizi, senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi”. Nella pronuncia in questione, la Corte di Cassazione ha rimproverato alla Corte di Appello di aver valutato la notorietà del marchio al momento sbagliato, ovvero all’attualità. Al contrario, come chiarito dagli Ermellini, la portata della tutela di un marchio, e quindi la sua notorietà, deve essere valutata prendendo “in considerazione la percezione del pubblico interessato nel momento in cui il segno, il cui uso lede l’altrui marchio, ha iniziato ad essere oggetto di utilizzazione”.
Il principio della preclusione per coesistenza – In una recente pronuncia, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al principio della preclusione per coesistenza, affermato per la prima volta dalla Corte di Giustizia nel caso “Budweiser”. Secondo questo principio, quando ricorrono circostanze eccezionali, la possibilità di opporre l’esistenza di un rischio di confusione sarebbe preclusa dall’uso prolungato dei segni nel tempo. Infatti, come si legge nella sentenza della Suprema Corte “con il trascorrere del tempo, i due marchi – in origine potenzialmente confondibili – assumono autonoma capacità distintiva, facendo venire meno il rischio di confusione in concreto. Inoltre, la pacifica coesistenza per lungo periodo fa sorgere un legittimo affidamento in capo al titolare del marchio posteriore a poter continuare l’uso del proprio marchio, tanto più in virtù del fatto che egli ha conquistato una propria non interferente porzione di mercato”. Ciò anche a fronte del fatto che, trascorso un determinato lasso di tempo, i consumatori “acquisiscono la consapevolezza delle differenze tra i prodotti e i marchi, e compiono scelte consapevoli”. La Corte ha poi sottolineato come, affinché possa applicarsi il principio della preclusione per coesistenza, “occorre la dimostrazione di un uso simultaneo – in buona fede e di lunga durata – dei due marchi d’impresa” e che “la coesistenza rilevante ai fini della preclusione della tutela al [continua..]