Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La valutazione delle azioni dei soci recedenti da società per azioni non quotate (di Enrico Cotta Ramusino, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università di Pavia)


Il presente articolo, assumendo la prospettiva propria dell’Economia Aziendale, tratta il tema della valutazione delle azioni del socio recedente da società per azioni non quotate. L’articolo 2437-ter c.c., pur recependo, nello spirito della riforma del diritto societario, l’esigenza di non penalizzare i soci di minoranza che esercitano il diritto di recedere, esprime indicazioni incomplete sotto il profilo tecnico. Si pone allora l’esigenza di sviluppare più approfondite considerazioni, anche per chiarire alcuni aspetti che sono frequentemente oggetto di discussione e contenzioso nella pratica, in particolare l’applicazione, in sede valutativa, di sconti rispetto al valore fondamentale determinato sulla base delle consolidate metodologie espresse dalla dottrina aziendalistica. L’articolo descrive in primo luogo la posizione del socio recedente, un soggetto che esercita un diritto concesso dal legislatore, non un soggetto che intende vendere la propria partecipazione. In capo a tale socio, nei casi stabiliti dalla legge, sorge pertanto il diritto ad avere una quota, proporzionale alle azioni detenute, del valore complessivo del patrimonio della società, l’unità di valutazione nel caso di specie. I Principi Italiani di Valutazione (PIV), sintesi della miglior dottrina aziendalistica in materia, forniscono indicazioni in linea con la considerazione appena esposta e identificano, quale configurazione di valore alla quale riferirsi ai fini della stima, il valore intrinseco, un valore di natura fondamentale che, nell’ipotesi di efficienza informativa del mercato dovrebbe coincidere con il valore di mercato. Il fatto che il socio recedente non sia un soggetto intenzionato a vendere la propria partecipazione ma, al contrario, un soggetto intenzionato a realizzare, in proporzione alle azioni detenute, una quota del patrimonio sociale complessivo che egli ha contribuito a creare, esclude l’applicazione di quegli sconti che si applicano, invece e correttamente, nel caso di negoziazione di interessenze partecipative, lo sconto di minoranza e lo sconto per mancanza di liquidità.

Value estimation of the shares of withdrawing shareholders of unlisted joint stock companies

This paper, assuming a business economics perspective, discusses the value estimation principles according to which the shares of withdrawing shareholders of unlisted joint stock companies should be valued. Article 2437-ter of Italian civil code, coherently with the spirit of 2004 law reform, on one side tries to avoid penalization of minority shareholders but, on the other side, gives only general valuation guidelines; this is why additional and more detailed examination is needed fill this gap. The paper firstly focus on the position of withdrawing shareholders, who must not be considered as subjects willing to sell their stakes in the company but, on the contrary, individuals who have the right, originating in the decision taken by majority shareholders, to obtain a part of the value they have contributed to create up to that moment. For this reason, the value of their shares must be calculated as a portion, given by the number of their shares on the total, of the equity value of the company as a whole. No minority or lack of marketability discounts must be applied, as it would be appropriate in the case of a sale of a minority stake in an unlisted company. Withdrawal is different from a sale. Italian Valuation Standards (PIV) strongly support this thesis, clarifying that the basis of value, in this specific case, is intrinsic or fundamental value that, in case of market informational efficiency, coincides with market value. Intrinsic value may be estimated through each one of the three consolidated valuation methodologies: cost, income and market approach.

1. Introduzione Il presente articolo tratta il tema della valutazione delle azioni del socio recedente, assumendo la prospettiva economico aziendale e concentrandosi sulla particolare tipologia delle società per azioni non quotate. Il tema in oggetto ha rilevanza sia teorica che pratica, essendo numerosi i contenziosi che si aprono su questo specifico fronte, con contestazioni, da parte degli azionisti che tale diritto vantano, rispetto alle determinazioni di valore effettuate dall’organo amministrativo delle società delle quali essi fanno parte. Tali contestazioni possono riguardare sia la stima del valore “effettivo” della società che l’appli­cazione di sconti al valore pro quota determinato con la valutazione operata a supporto della determinazione del valore delle azioni del socio recedente. Nel seguito tratteremo questo secondo aspetto [1] in relazione al quale si riscontrano posizioni differenziate, in specie nei casi di applicazione pratica. Il tema del recesso del socio – e di quelli correlati dei presupposti che ne determinano l’insorgere e della valutazione delle azioni del socio recedente [2] – ha ricevuto, soprattutto tra gli studiosi delle discipline giuridiche, grande attenzione, in specie a valle della riforma del diritto societario che ne ha modificato, in termini sostanziali, la natura. Taluni autori hanno rilevato come lo spirito della riforma sia stato quello di tutelare maggiormente le minoranze, ampliando significativamente i presupposti alla base del diritto di recesso e determinando condizioni di valorizzazione non più penalizzanti [3]. Da rimedio di ultima istanza, sostanzialmente scoraggiato, il recesso diviene, con la riforma, una tecnica di disinvestimento con la quale garantire agli azionisti recedenti la monetizzazione delle proprie azioni a valori in linea con quello “effettivo” o “reale” [4]. Il tema dell’esigenza di protezione dell’azionista di minoranza al quale spetta il diritto di recedere dalla società è ben visibile nella transizione da un regime nel quale tale azionista si vedeva riconoscere una quota del patrimonio sociale – ancorato al valore contabile dello stesso – ad una situazione nella quale le sue azioni divengono oggetto di valutazione secondo metodiche che meglio si prestano ad approssimare il valore effettivo al quale il socio recedente rinuncia “uscendo” dalla società stessa. La materia è regolata, come noto, dall’articolo 2437-ter del codice civile, nel quale si legge che: “Il valore di liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di [continua..]

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