L’aggressione dei patrimoni di provenienza illecita è ormai considerata strumento primario di contrasto alla criminalità organizzata, come confermato dal crescente interesse degli Stati Membri verso il sistema delle misure di prevenzione patrimoniali, da tempo vigente in Italia.
I dati evidenziati sia dalla Relazione semestrale al Parlamento sui beni sequestrati e confiscati ex art. 49 D.lgs. 159/2011 che dalla relazione della Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (A.N.B.S.C.) art. 112, comma 1, d.lgs. 159/2011, dimostrano l’efficacia in sede ablativa della normativa contenuta nel Codice Antimafia.
Di tenore opposto, invece, il dato evidenziato dalla A.N.B.S.C inerente le aziende confiscate, poste in liquidazione, ovvero non più attive, in misura pari ad oltre il 90%.
Si tratta di una percentuale elevatissima con conseguenze disastrose in ordine al venir meno del valore delle aziende che avrebbero dovuto essere restituite alla Comunità Legale, con perdite di posti di lavoro inaccettabili e conseguenti gravi ricadute sul tessuto economico sociale dei territori maggiormente esposti al condizionamento della criminalità organizzata.
Trascorsi 12 anni dalla emanazione del Codice Antimafia si ritiene, pertanto, doveroso individuare i punti di intervento diretti a consentire la restituzione al mercato legale delle aziende sequestrate.
La scarsa efficacia degli strumenti normativi posti a tutela del terzo creditore costituisce, ad avviso di chi scrive, una delle cause che impediscono la collaborazione tra fornitori/banche/professionisti e le amministrazioni giudiziarie. Analogo ragionamento attiene ai rapporti di lavoro ritenuti strategici per la prosecuzione dell’attività tipica.
La criticità sopra evidenziata non riguarda soltanto ai crediti riferiti al periodo antecedente al sequestro per i quali il terzo ha ottenuto il riconoscimento della buona fede nell’ambito del procedimento ex art. 57 e segg., dec. cit., di fatto sostanzialmente irrecuperabili, ma anche i crediti sorti in costanza di amministrazione giudiziaria, fatto che determina l’oggettiva impossibilità per l’azienda sequestrata di prosecuzione dell’attività tipica ancorché autorizzata ex art. 41, dec. cit., dal Tribunale.
The aggression of assets of illicit origin is now considered a primary tool to combact organized crime, as confirmed by the growing interest of member states in the system of asset prevention measures, which has long been in place in Italy.
The data highlighted by both the Semiannual Report to Parliament on seized and confiscated assets ex art. 49 Legislative Decree 159/2011, and the report of the National Agency for the Administration and Destruction of Assets Seized and Confiscated from Organized Crime (A.N.B.S.C.) art. 112, paragraph 1, Legislative Decree 159/2011, demonstrate the effectiveness in ablative measures of the regulations contained in the Anti-Mafia Code.
Of opposite tenor, on the other hand, is the figure highlighted by the A.N.B.S.C concerning confiscated companies, placed in liquidation, that is, no longer active, amounting to more than 90 percent.
This is a very high percentage with disastrous consequences regarding the loss of value of the companies that should have been returned to the Legal Community, with unacceptable job losses and consequent serious repercussions on the social economic fabric of the territories most exposed to the conditioning of organized crime.
Twelve years after the enactment of the Anti-Mafia Code, it is therefore deemed necessary to identify the points of intervention aimed at enabling the return of seized companies to the legal market.
The ineffectiveness of the regulatory instruments placed to protect the third-party creditor constitutes, in the opinion of the writer, one of the causes that prevent collaboration between suppliers/banks/professionals and judicial administrations. Similar reasoning pertains to labour relations considered strategic for the continuation of the typical activity.
The criticality highlighted above does not only concern credits referring to the period prior to the seizure for which the third party has obtained the recognition of good faith within the framework of the procedure pursuant to art. 57 dec. which are in fact substantially unrecoverable, but also credits arising during judicial administration, a fact that determines the objective impossibility for the seized company to continue its typical activity even though authorized pursuant to art. 41 dec. by the Court.