Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La concessione abusiva del credito da parte della banca (di Mario Paccoia, Professore a contratto di Diritto commerciale nell’Università degli Studi Milano-Bicocca)


Il presente contributo prende spunto da una recente decisione della Suprema Corte (ord. 14 settembre 2021, n. 24725) nel cui contesto viene operata una (probabilmente) definitiva rielaborazione della fattispecie della concessione abusiva del credito da parte delle banche a favore di imprese in stato di crisi.

Per l’accertamento della responsabilità ascrivibile agli istituti di credito, la corretta valutazione circa la meritevolezza dell’ausilio creditizio da parte delle banche erogatrici viene ricondotta al paradigma del bonus argentarius, clausola che, a causa della sua genericità, necessita però di essere «riempita di contenuto».

Più di uno spunto in tal senso può ricavarsi dai recenti interventi in materia di crisi di impresa (in particolare dall’art. 13 Codice della Crisi e dal test pratico di cui al d.l. n. 118/2021) i quali postulano un dialogo serrato tra scienza giuridica e scienze economico-aziendalistiche, offrendo all’operatore strumenti oggettivi di valutazione dello stato di crisi che possono essere utilmente impiegati anche dalla banca chiamata a valutare se concedere – o meno – un finanziamento all’impresa richiedente.

Particolare attenzione è posta infine alla legittimazione del curatore fallimentare ad agire per il ristoro del danno cagionato al patrimonio del fallito contro gli istituti di credito concedenti il finanziamento.

 

 

Abusive granting of credit by the bank

The present contribution takes cue from a recent ruling of the Supreme Court (ord. September 14th, 2021, n. 24725) which operates a likely decisive re-elaboration of the abusive granting of credit by the banks in favour of companies in crisis.

As to ascertain the liability of credit institutions it is necessary to link the correct evaluation of creditworthiness performed by the lending bank back to the paradigm of the bonus argentarius, a clause which, in light if its general nature, requires to frame in its content.

To that purpose one can draw upon the recent regulatory interventions put in place in the field of business crisis (in particular, upon art. 13 of the Code on Business Crisis and Insolvency and the practical test envisaged in the d.l. n. 118/2021): these all call for a close dialogue between the juridical science and the economic-mana­gerial sciences, offering unbiased tools for the evaluation of the crisis status that can eventually be employed also by the bank required to decide on the granting of credit approval.

Major focus is also placed upon the liquidator’s legitimacy to act for the compensation of damages, caused to the capital of the bankrupt company, against those credit institutions that have granted the loan.

Keywords: abusive granting of credit – business crisis – bankruptcy – civil liability – bonus argentarius – legal standing.

1. Premessa La responsabilità della banca nei confronti del fallimento per c.d. abusiva concessione del credito rappresenta senz’altro una delle questioni più dibattute nel panorama dottrinale e giurisprudenziale, soprattutto per l’enorme rilevanza pratica. L’interesse per nuove ed ulteriori riflessioni sull’argomento va individuato non solo e non tanto per i recenti arresti della Corte di Cassazione [1], nel cui contesto i Supremi Giudici hanno comunque operato una approfondita (e forse definitiva) rielaborazione sistematica della materia, ma principalmente negli ultimi interventi legislativi in materia di crisi di impresa i quali, pur non riguardando direttamente il tema de qua, impongono una revisione sistematica della fattispecie, specialmente – come vedremo – nel postulare la necessità di un dialogo costruttivo tra scienza giuridica e scienze economico-azienda­listiche, nell’ottica di una proficua collaborazione tra esperti delle discipline. In particolare, il recente caso di cui si è occupata Cass. 14 settembre 2021, n. 24725, ha come protagonista un fallimento il quale aveva visto respingersi, per carenza di legittimazione attiva del curatore, la domanda proposta contro un istituto di credito, responsabile – secondo la prospettazione attorea – di aver concesso un ingente sostegno finanziario ad una società prossima alla decozione. La Corte d’Appello, investita del gravame proposto dal fallimento, ha ribadito il difetto di legittimazione della procedura in quanto, per poterla positivamente affermare, sarebbe «necessario passare per un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore rispetto al quale la condotta dell’istituto di credito si pone in termini di complicità […]». La procedura ha, pertanto, proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, affidato a due motivi. In primis viene dedotta la violazione degli artt. 2043, 2055, 2393 c.c., 185 c.p. e 146 l.f. atteso che la condotta della banca ha prodotto un danno diretto ed immediato alla procedura oltre che, indirettamente, ai creditori della stessa a causa della ridotta disponibilità del patrimonio sociale. In secondo luogo il ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2055, 2393 c.c., 146 l.f., oltre al­l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c., in quanto «la “complicità” fra l’ex amministratore e la banca […] era stata allegata e provata» agli atti del giudizio di prime cure. Entrambi i motivi, esaminati congiuntamente dalla Cassazione, «mirano ad affermare il principio che il curatore fallimentare sia legittimato ad agire contro le banche per il danno da queste cagionato con l’abusiva concessione del credito al patrimonio del soggetto [continua..]

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