Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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Il rendiconto finanziario: uno strumento utile per rilevare i sintomi della crisi di impresa? (di Giulia Garesio, Dottoranda di ricerca presso l’Università di Torino)


Nell’articolo si esamina il ruolo che il rendiconto finanziario può assumere al fine di individuare tempestivamente i sintomi della crisi di impresa, muovendo dalle disposizioni contenute nell’art. 2425 ter c.c. e verificandone il possibile utilizzo in chiave prospettica e segnaletica.

 

Is cash flow statement a useful tool to detect business crisis symptoms?

The article examines the role that cash flow statement can assume in order to promptly identify business crisis symptoms, starting from the provisions of art. 2425 ter Italian Civil Code and verifying its possible use in a warning perspective.

Keywords: cash flow statement – business crisis – accounting structures.

1. Premessa Le considerazioni che seguono muovono da una domanda: se ed in che misura il rendiconto finanziario è uno strumento utile per rilevare i sintomi della crisi di impresa? Per tentare di fornire una risposta a tale interrogativo, nel prosieguo si esaminerà dapprima la situazione antecedente l’introduzione del d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 [1], che ha introdotto nell’art. 2423, primo comma, c.c., il rendiconto finanziario tra i prospetti obbligatori che compongono il bilancio ordinario, per poi soffermarsi sulle disposizioni codicistiche che disciplinano questo nuovo documento e, infine, verificare se effettivamente esso possa avere un qualche utilizzo in chiave prospettica e, soprattutto, segnaletica dello stato di crisi dell’impresa [2]. 2. Lo stato dell’arte ante d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 Facendo un passo indietro, e collocandosi temporalmente in epoca anteriore all’introduzione del d.lgs. n. 139/2015, si rileva che nel nostro ordinamento vi erano già alcune imprese tenute a predisporre il rendiconto finanziario. Il riferimento è, naturalmente, alle società IAS compliant, le quali, in forza delle previsioni del d.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 [3], dovevano obbligatoriamente oppure potevano volontariamente predisporre il proprio bilancio conformandosi ai principi contabili internazionali IAS/IFRS endorsed, ove esso rappresenta uno dei documenti che compongono il bilancio [4] ed è regolato specificatamente dal principio IAS n. 7 («Statement of Cash Flows») [5]. Diversamente, le società che predisponevano il bilancio ai sensi degli artt. 2423 ss. c.c. non erano tenute ex lege ad includervi tale prospetto, in relazione al quale i principi contabili nazionali – e segnatamente, in allora, il principio contabile OIC n. 12 [6] ‒ consentivano, rectius consigliavano l’inserimento in nota integrativa, specie per le società di maggiori dimensioni, a motivo della sua rilevanza informativa sui profili finanziari, che non trovava adeguata corrispondenza nello stato patrimoniale e nel conto economico. Nel tempo, in particolare in occasione del recepimento della cd. Direttiva modernizzazione [7], era già stata affacciata la proposta di introdurre uno specifico art. 2425 quater c.c. dedicato al rendiconto finanziario, sostanzialmente assimilabile al vigente art. 2425 ter c.c. [8]. Tale indicazione, tuttavia, non ha trovato poi concreta applicazione, atteso che il d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 32 [9] ‒ con il quale è stata data attuazione, nel nostro ordinamento, alla Direttiva 2003/51/CE ‒ si è limitato a prevedere una maggiore informativa finanziaria nella relazione sulla gestione, sotto forma di indicatori finanziari, non meglio individuati o specificati dalla norma, la quale richiede soltanto che essi consentano di tratteggiare un quadro della [continua..]

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