Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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I fondi di credito: un'opportunità per le piccole-medie imprese (di Giuseppe Antonio Policaro)


Il lavoro esamina il fenomeno dei fondi di credito, analizzandone la disciplina e le caratteristiche operative, non solo in Italia. Particolare attenzione viene posta, anche criticamente, alle nuove disposizioni interne che ne potrebbero favorire lo sviluppo, nonché alle previsioni di carattere europeo volte alla tutela degli investitori, potenzialmente gravose in termini di efficienza ed economicità degli stessi.

Credit funds: an opportunity for small and medium-sized enterprises

The paper examines the phenomenon of credit funds, analyzing the discipline and operational features, not just in Italy. Particular attention is also paid to the new internal provisions that could favor development and to the European expectations of investor protection, potentially burdensome in terms of efficiency.

Sommario: 1. All’origine del problema. – 1.1. Aspetti generali. – 1.2. Requisiti e caratteristiche dei fondi di credito. – 1.3. I fondi di credito puri e misti: le misure di favore. – 1.4. Le agevolazioni fiscali. – 2. I fondi di mercato monetario. – 2.1. I minibond ed i fondi di minibond. – 3. Il fenomeno dei fondi di credito: i fondi di private debt negli USA. – 3.1. La situazione in Italia. – 3.2. Il caso Fondo Italiano d’Investimento. – 4. Prospettive ed incognite future. 1. All’origine del problema Come è noto, nel nostro Paese si sta sviluppando, invero da non molto tempo, un quadro normativo volto a favorire il finanziamento alle piccole-me­die imprese (PMI) anche da parte delle entità non bancarie [1]. Il sistema bancario, infatti, incontra oggi sempre più difficoltà ad erogare prestiti alle PMI, sia per la presenza di crediti in sofferenza ormai non più sostenibili nei bilanci delle stesse banche, sia per regole più stringenti in ordine ai requisiti patrimoniali richiesti – che di fatto sono una conseguenza del primo aspetto – tra cui sottolineare quelle relative all’accordo meglio conosciuto come Basilea III [2]. Obiettivi precipui del legislatore (e in generale del sistema finanziario) sono quindi l’efficientamento e lo sviluppo del mercato del credito (soprattutto a favore delle piccole-medie imprese), posta una certa “ritrosia” derivante da diversi fattori che hanno condizionato, soprattutto in passato, sia la domanda che l’offerta di capitali. Tra tali motivazioni è possibile menzionare – almeno per quanto concerne il periodo antecedente ai provvedimenti di cui si darà conto nel contributo – dal lato della domanda l’assenza di un mercato sviluppato di investitori istituzionali italiani (fondi, SICAV) e, al contempo, la scarsa presenza di investitori esteri interessati ad investire nel nostro Paese. Sul fronte dell’offerta, invece, si registrava la scarsa convenienza sotto il profilo fiscale dell’emissione di titoli di debito da parte delle imprese, oltre che gli elevati costi di quotazione e di permanenza sul listino delle obbligazioni, specialmente se comparati ad altri Paesi europei. Nel proseguo si cercherà di dare conto di tali interventi analizzando, in particolare, il fenomeno dei c.d. credit funds o fondi di private debt (così come sono classificati negli USA) e di come questi abbiano ricevuto beneficio, anche indirettamente, da altre disposizioni (si pensi, ad esempio, alle norme di favore previste per i minibond piuttosto che per i c.d. PIR); si tratta di fondi comuni di investimento la cui strategia è focalizzata nei finanziamenti erogati direttamente alle imprese, piuttosto che rivolta alla sottoscrizione di strumenti di debito da queste ultime emessi o, ancora, di altri [continua..]

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