Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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Azione di annullamento di delibere societarie (di Gloria Millepezzi)


Regole procedurali di diritto comune e disciplina speciale delle autorita’ di vigilanza

L’articolo prende in esame l’azione di annullamento delle delibere societarie esercitata dalle autorità di vigilanza, affrontando le problematiche derivanti dal coordinamento della normativa speciale di riferimento (TUB e TUF) con le regole generali di cui agli artt. 2377 ss. c.c.. In ragione del particolare ruolo istituzionale ricoperto da questo tipo di parti attrici, i nodi problematici e le criticità con cui deve confrontarsi qualsiasi soggetto impugnante – rispetto dei termini di decadenza, permanenza dell’interesse ad agire fino all’esito del giudizio, contenuto della domanda e dell’eventuale istanza cautelare, arbitrabilità della controversia… – emergono in maniera ancora più marcata e si rivelano motivo di dibattiti tuttora aperti.

1. Premessa I paragrafi che seguono riportano problematiche di natura processuale comuni all’impugnazione di qualunque soggetto legittimato all’azione di cui all’art. 2377 c.c., prestando particolare attenzione alla legittimazione attiva delle autorità di vigilanza (Consob, Banca d’Italia, Isvap…). Tali soggetti, esterni e terzi rispetto alla società, possono agire per l’annullamento di atti societari solo in forza di determinate circostanze e seguendo particolari regole processuali, derogatorie rispetto a quelle degli organi societari o di soggetti terzi privi di funzioni di vigilanza delle società che hanno adottato le delibere di cui si contesta la validità. Tali differenze procedurali trovano innanzitutto giustificazione nel peculiare ruolo che le autorità indipendenti rivestono rispetto alle società vigilate: basti considerare che gli amministratori, nonostante abbiano compiti di controllo nell’ambito della società nella quale operano, non sono funzionalmente paragonabili alle autorità in questione e, conseguentemente, non possono che seguire un diverso regole regime impugnatorio. In primo luogo, il potere di impugnazione degli amministratori (o del consiglio di sorveglianza) è qualificabile come «straordinario».[1] Esso è infatti residuale rispetto a quello dei soci, dei quali l’organo amministrativo cura però gli interessi di carattere remunerativo, come conseguenza indiretta del proprio agire nel perseguimento dell’interesse sociale. Le autorità di vigilanza sono invece legittimate all’impugnazione per ragioni che travalicano gli interessi della compagine sociale di riferimento, ponendosi rispetto ad essa come corpi esterni e istituzionalmente preordinati alla tutela del mercato. L’interesse di carattere generale cui sono ancorate queste impugnazioni e i connotati stessi delle autorità di vigilanza non renderebbero possibile l’esercizio in nome proprio di un diritto di impugnazione appartenente ad altri,[2] ma – allo stesso tempo – il potere in questione si distingue dall’azione propria del pubblico ministero o di enti esponenziali di interessi diffusi.[3] Emerge quindi la veste di organo di chiusura di queste autorità indipendenti, che possono esperire la domanda di annullamento non per sopperire (se non implicitamente) alla carenza di requisiti di impugnazione dei soci, ma anche (e soprattutto) nei casi in cui gli organi di controllo interni alle società vigilate non esercitino il proprio potere-dovere di impugnazione. Seguendo un criterio compilativo procedente dal particolare al generale, le pagine seguenti illustreranno alcuni aspetti della norme che governano l’impugnazione delle autorità di vigilanza e tenteranno così di fare emergere i profili della disciplina speciale che sono effettivamente [continua..]

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