Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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Le false comunicazioni sociali e la responsabilità (di Daniele Zaniolo)


La legge n. 67 del 27 maggio 2015 ha operato una riforma importante nell’ambito del rapporto tra reati societari ed illeciti amministrativi. L’Autore pone in risalto l’importanza dell’innovazione apportata, in particolare con riferimento ai criteri oggettivi di imputazione dei reati, ai soggetti qualificati in grado di commetterli e al problema della successione delle leggi penali nel tempo.

La riforma della legge 27 maggio 2015 n. 69 ha inciso sulla disciplina degli illeciti amministrativi ex decreto legislativo 231 del 2001 in maniera significativa, sebbene apparentemente minimale. Prima di entrare nel dettaglio della riforma è opportuno ricordare la crescente importanza che la disciplina della 231 sta assumendo nella vita quotidiana delle imprese. La normativa vigente non prevede un vero e proprio obbligo di adozione dei modelli organizzativi. Non c'è insomma una norma che imponga alle società e più in generale agli enti collettivi di organizzarsi per le finalità del decreto legislativo 231. Tuttavia sempre più di frequente tra le condizioni per la partecipazione alle gare pubbliche di appalto è richiesta l’adozione dei modelli organizzativi e l’istituzione di un organismo di vigilanza e controllo: insomma l'adeguamento al decreto legislativo 231. Anche l'autorità nazionale anticorruzione (A.NA.C) e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno approvato nel dicembre del 2014 alcune linee guida ed indirizzi nei quali sostanzialmente affermano anche per gli enti pubblici economici, anch’essi soggetti alla disciplina del decreto legislativo 231, la necessità di adozione di modelli organizzativi. Detto questo, veniamo alla riforma operata nel maggio scorso e vediamo quali sono le principali le caratteristiche di questa innovazione legislativa. L'articolo 25 ter del decreto legislativo 231 stabiliva quello che alcuni commentatori ritenevano essere una sorta di “sottosistema” di responsabilità delle società in conseguenza dei reati societari che si discostava dalla disciplina generale delineata per tutti gli altri illeciti penali. La norma subordinava la responsabilità dell'ente per i reati societari presupposto al fatto che gli stessi fossero stati commessi: “nell'interesse della società, dagli amministratori, direttori generali o liquidatori oppure da persone sottoposte alla loro vigilanza qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica.” Il preambolo dell'articolo 25 ter, unico peraltro nel sistema della 231,  aveva fin da subito sollevato molte perplessità, tanto che in Commissione Giustizia del Senato si suggerì, invano, la sua abolizione. Solo con la riforma del maggio scorso quel preambolo è stato finalmente espunto dal testo della disposizione. La responsabilità amministrativa degli enti era dunque subordinata a peculiari presupposti. Il criterio di attribuzione oggettivo. I criteri di attribuzione dell'illecito amministrativo previsti per i reati societari non coincidevano con quelli della disciplina generale. L’unico criterio d’imputazione oggettivo per i reati societari era costituito dall'interesse e non anche dal vantaggio. La disciplina [continua..]

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